by Marco Cibien
Le 12AX7 - od ECC83, secondo la codifica europea - sono il cuore dei nostri amati amplificatori valvolari; dagli anni 40’ fino ad oggi ne sono state costruite varie versioni: 7025, CV4004, 5751, con un aumento esponenziale delle possibili combinazioni e sperimentazioni e neanche la “era dello stato solido e dei PC” ha intaccato il loro dominio, che si avvia ad essere secolare, sulla sezione di pre-amplificazione.
Un tecnico vi direbbe che si tratta di due semplici, piccoli triodi, spesso neanche bilanciati, un chitarrista si emoziona al solo scaldarsi dei filamenti, convinto che quella particolare ampolla di vetro sia l’unico vero mezzo per raggiungere l’agognato “tone”; non parliamo poi degli amanti di hi/fi, voraci predatori del mercato delle valvole d’epoca ed integralisti della preamplificazione, che per una Mullard M8137 od una Telefunken ECC803S sarebbero disposti a tutto (e, purtroppo per noi amanti della sei corde, anche a spendere qualsiasi cifra…).
Obiettivo dichiarato del presente articolo è stabilire allora quale sia la migliore 12AX7 mai prodotta, premettendo che ogni giudizio, in questi casi, è sempre inevitabilmente soggettivo, nonché ovviamente legato agli strumenti utilizzati ed alle proprie preferenze.
Con un tale obiettivo è inevitabile rivolgersi alle regine incostrastate della categoria, ossia le valvole New Old Stock (in gergo NOS), valvole prodotte tipicamente tra gli Anni ’50 ed i primi Anni ’80, la cui qualità è unanimente ritenuta inarrivabile per qualsiasi valvola di produzione corrente.
Ad onor del vero, la qualità delle attuali Electro-Harmonix, JJ/Tesla, Ei e relative varianti, è sensibilmente aumentata sia in termini di qualità che di varietà dell’offerta. Tuttavia, mentre il divario con le valvole NOS di potenza (5881, 6L6, EL34, 6550, KT66, etc) è stato quasi colmato - ci piace citare in tal senso le ottime Svetlana SED “C” EL34 e 6L6GC, davvero vicine alle originali Mullard e Sylvania, e le eccellenti JJ/Tesla 6V6S - riteniamo che il prezzo, salato, per una 12AX7 d’annata sia ancora giustificabile. È inoltre opinione diffusa che, sul famigerato tone, incida maggiormente la sezione pre che quella di finale…ma questa è davvero un’altra storia, per carità!
Quali sono allora le valvole del test? Il meglio, o quasi, delle produzioni delle due sponde dell’Atlantico. Dagli States le classiche che hanno contribuito alla fortuna di Leo Fender e soci: GE 12AX7WA, GE JAN 5751, RCA 12AX7A, Raytheon 12AX7; dal Vecchio Continente una squadra agguerrita di NOS, ossia: Mullard 12AX7, Telefunken ECC83, Tungsram ECC83, RFT ECC83, Tesla E83CC.
La prova è frutto di varie prove e confronti incrociati, protrattisi per poco meno di un paio d’anni, e che hanno coinvolto i sottoscritti, numerose chitarre e svariati amplificatori, vintage e non. Quando nel testo si fa riferimento a Fender e Marshall è una sempificazione che identifica i classici archetipi dell’amplificazione made in USA e made in UK (quanto meno su questo non dovrebbe esserci discussione).
Buon divertimento...
Classica valvola americana, indissolubilmente legata alle fortune di Leo Fender ed in particolare ai primi silver-face prodotti verso la fine degli Anni ’60 fino alla seconda metà dei ’70.
Note per essere affidabilissime e robustissime (non a caso largamente utilizzate dall’esercito americano), le GE sono caratterizzate da un elevato guadagno - solo di poco inferiore a Mullard od RFT - ottima dinamica e, soprattutto, dalla capacità di donare un grande sustain a note singole ed arpeggi. Medie e basse sono in decisa evidenza, donando il più classico american-fat-sound, senza mai compromettere brillantezza e dettagli…o quasi. A mio modesto avviso le GE tendono un po’ ad irrigidirsi ad elevati livelli di saturazione, dove la gradevole compressione di cui sopra ha la tendenza ad “ingrassare” eccessivamente il suono e mandare un po’ in crisi il bilanciamento complessivo della valvola, limitandone conseguentemente la musicalità.
In ogni caso si tratta di una valvola eccellente, grintosa, perfettamente a suo agio su qualsiasi Fender o similare. Ah, dimenticavo! Qualcuno ha mai montato una GE su una testata british?
Le 5751 sono una versione a minor guadagno delle 12AX7 (circa il 30%), molto apprezzate in ambito hi-fi per la loro linearità di risposta. In particolare le JAN (Joint Army Navy), sono costruite su specifica militare e presentano pertanto maggiore affidabilità e robustezza, nonché un maggiore bilanciamento medio dei triodi (cosa decisamente gradita nelle applicazioni come phase inverter).
La GE 5751 presenta tutte le caratteristiche della sorella maggiore, tuttavia, il minor guadagno rende più dolce l’entrata in saturazione, con un generale aumento in termini di musicalità e brillantezza.
Se si è disposti a concedere qualcosa in termini di attacco e sustain percepito, la 5751 può essere una validissima sostituta della sorella maggiore; a ciò vanno aggiunti una più facile reperibilità ed un prezzo mediamente più abbordabile.
Non stupisce quindi che queste valvole siano spesso consigliate per limitare le spigolosità di amplificatori hi-gain di ultima generazione (come ad esempio gli ultimi Marshall della serie JCM2000). Ovviamente consigliatissima su qualsiasi amplificatore prodotto da Leo e soci.
Celeberrime valvole made in USA, prodotte tra gli Anni ’50 e ‘70, le RCA costituivano l’equipaggiamento originale dei Fender tweed e dei primi black-face e sono seconde solo a Mullard e Telefunken per la palma di NOS più ricercata. La casa americana ne ha prodotte diverse versioni (7025, 5751, etc), che differivano anche per differenti accorgimenti costruttivi; le valvole in oggetto sono le classiche grey-plate, prodotte verosimilmente negli Anni ’70.
Le RCA sono piuttosto difficili da trovare ed hanno raggiunto prezzi “interessanti”; del resto non è difficile capirne il perché: guadagno elevato, american-fat-sound garantito, dinamica e sustain a profusione e microfonicità nulla, sono solo alcune delle caratteristiche unanimente riconosciute.
A mio parere, a differenza delle cugine GE, anche quando spinte al limite, le RCA mantengono con maggior disinvoltura il loro eccellente bilanciamento, risultando complessivamente più musicali.
Intonare Sweet Home Alabama su un Twin d’annata può farvi raggiungere il karma chitarristico, mentre ho trovato semplicemente fantastica la loro resa sui Marshall, dove solo Mullard ed RFT riescono a rivaleggiare in quanto a crunch: una vera sorpresa!
Morale: la migliore delle NOS americane? Diciamo che è davvero difficile trovargli un difetto e che siamo certamente in presenza di una tra le migliore 12AX7 di sempre.
Prodotte tra gli Anni ’50 e ’70, le Raytheon sono valvole piuttosto rare in generale e sorprendentemente quasi sconosciute in ambito chitarristico. Proprio per questo è un piacere averle incluse nel test al posto delle classiche Philips e Sylvanya con le quali, si dice, condivide molte caratteristiche tonali.
Una cosa non può certo passare inosservata sin dal primo ascolto: per bilanciamento e musicalità pare di essere di fronte ad una valvola di produzione europea…e che valvola! Le alte frequenze sono maggiormente in evidenza rispetto ad RCA e GE ed il guadagno è certamente inferiore, ma dinamica e classe compensano alla grande. Non c’è dubbio che le Raytheon potrebbero andare a nozze su qualsiasi amplificatore audio hi-fi, ma anche su un Fender il risultato è superbo: grande headroom e un suono cristallino, sempre rispettoso dello strumento e delle sfumature dell’esecuzione. Note singole, arpeggi e fraseggi scivolano via fluidi ed armoniosi ed il bilanciamento della valvola è incorruttibile, indipendentemente dal livello di “tortura” a cui la si sottopone.
Certo su Marshall ed affini una leggera mancanza di mordente (bite) può essere percepita come un limite, ma ciò non può compromettere il giudizio globalmente ottimo.
Non c’è dubbio che la leggenda delle NOS deve tantissimo alla mitica compagnia di Blackburn e, del resto, le 12AX7 (CV4004 per l’esercito della Regina) ed EL34 prodotte dalla Mullard sono ormai pressochè introvabili e posseggono uno status leggendario.
Ma si tratta di verità o del classico hype od isteria collettiva che dir si voglia? Le Mullard posseggono davvero il famigerato effetto tri-dimensionale in saturazione (ammesso che esista una definizione razionale di tutto ciò, s’intende)?
Precisiamo subito una cosa: sono di origini venete ed i soldi giocano pertanto un ruolo non trascurabile nel giudizio e, in tutta franchezza, 100€ (o più!) per una 12AX7 mi paiono decisamente troppi. Rimane tuttavia innegabile che il guadagno, l’aggressività ed il sustain naturale delle valvole britanniche siano difficilmente eguagliabili – e/o contemporanemente presenti - nelle altre concorrenti. Altra caratteristica peculiare è il bilanciamento complessivo della valvola, con medie in decisa evidenza e capaci di perforare il mix come una cannonata di uno Spitfire della RAF.
Volendo fare l’avvocato del diavolo, le Mullard difettano un poco in termini di headroom essendo maledettamente aggressive. Scontato che qualsiasi testata o combo britannico non desideri altro e che le Mullard siano straconsigliabili a prescindere; tuttavia, se il clean headroom è la vostra fissazione…provate a leggere oltre!
PREMESSA: i due esemplari sottoposti a prova ed attualmente montati sulla mia amata Bandmaster (comprata proprio dal nostro “magnate” Alberto), non sono - mio malgrado - la esoterica versione “diamond plate” ECC803S; sontato dire che la verifica mi è costata comunque il classico sudore freddo sulla fronte...
Assieme alla Mullard, la Telefunken è l’altro oggetto del desiderio per eccellenza tra le NOS. Oggi una “comune smooth plate” non va via per meno di 120€, ma non è raro superare i 150 per i triodi bilanciati, mentre le ECC803S possono toccare i 600 verdoni: fate voi...
Ad ogni modo, se ne vogliamo fare una questione di classe e raffinatezza musicale, niente si avvicina alla teutonica perfezione della Tele (cult tube in ambito hi-fi se ce n’è una). Esattamente come accade per una Mercedes di fascia alta, è maledettamente difficile trovarle un difetto: tutto sembra essere frutto di un disegno razionale finalizzato ad ottenere un equilibrio ed una neutralità di comportamento esemplari e, più si tenta di mettere in difficoltà la valvola, più lei risponde con quella misurata esuberanza tipicamente germanica.
A livello tonale le alte frequenze sono leggermente in evidenza, donando alla valvola una sensibile brillantezza, nonchè una definizione difficilmente eguagliabile.
Difetti? Certamente più a suo agio con i prodotti di Leo che non con quelli di Jim e meno spinta di Mullard, RFT, RCA o Tungsram, alla lunga può irritare soltanto per la sua perfezione ed aura da prima della classe.
Valvola Anni ’70 di produzione ungherese, si dice su esatta copia della Mullard ma, da un esame più attento, si possono notare alcune significative differenze strutturali.
Si tratta, a mio parere, di una delle più musicali e versatili valvole di sempre: bilanciatissima – al più con un pizzico di medio/basse in evidenza -, definitissima, sempre in controllo anche ad alti livelli di saturazione, con quella piacevolissima sensazione di sustain naturale capace di ispirarti.
Le Tungsram presentano una pressochè totale assenza di microfonicità ed hanno leggermente meno guadagno rispetto a Mullard od RFT ma più headroom; forse per questo motivo sono curiosamente più apprezzate in ambito audio/hi-fi che chitarristico.
Sui Fender danno quella gradevolissima sensazione di saturazione latente tipica delle migliori valvole USA, grazie al notevolissimo headroom di cui sopra. Sui Marshall rendono più musicale, rotondo e definito il suono, senza pregiudicare nulla dal punto di vista del gain anche rispetto alle valvole super-tirate di oggidì (mi riferisco in particolare a quelle di produzione cinese, che vanno per la maggiore, ma che non posseggono neanche lontanamente la classe della “ungherese”). Sul canale low della mia amata 800, le Tungsram smussano le ruvidezze in saturazione ed il pronunciamento eccessivo sulle alte frequenze; il risultato è un super-clean sound che potrebbe mettere in serio imbarazzo un Hiwatt (e non sto scherzando!). In definitiva, una serissima, relativamente inaspettata, contendente per lo scettro di Top of the NOS.
La RFT era una fabbrica di valvole dell’ex Germania Est, legata soprattutto alla Siemens, per conto della quale ha costruito per anni, tra l’altro, eccellenti 12AX7 ed EL34. Molte plexi, costruite nel mezzo degli anni ’70, uscivano da Milton Keynes equipaggiate con le ECC83 teutoniche e non è un caso che il loro sound sia diventato il marchio di fabbrica dello stessa Marshall.
Qualsiasi recensione troviate in giro per il web o sulla carta stampata dedicata non potrà che dirvi quanto segue: solide come una roccia, basse e crunch come se piovesse. Del resto neanche le Mullard arrivano a spingere quanto le RFT e la loro grande presenza sulle basse frequenze le rende adattissime, ad esempio, alle ultime plexi e JCM800, che tendono ad avere un eccesso di presenza.
Certo, rispetto alle altre rivali europee, difettano un po’ in termini di headroom e bilanciamento, ma proprio grazie alla loro precoce entrata in saturazione (break-up), anche sui Fender si possono ottenere piacevoli sorprese, in particolare se voleste “tweedizzare” il vostro silver o black-face!
Se suonate rock, hard-rock o derivati estremi, le RFT sono certamente straconsigliate, oltre che meno costose delle Mullard; adattissme anche per il blues, sarebbe offensivo considerarle un “economico ripiego” alle valvole di Balckburn, data la loro spiccata personalità.
Le originali Tesla, furono prodotte a partire dalla fine degli Anni ’60 fino ai primi Anni ’80, nell’ex Cecoslovacchia, praticamente su esclusiva e specifica Telefunken. Per questa ragione, anche dai più autorevoli addetti ai lavori, sono considerate una copia fedelissima delle Tele (leggasi anche libidinoso, “economico” succedaneo).
Personalmente non mi trovo del tutto concorde. Certo le Tesla condividono con l’ingombrante cugina tedesca, “la capacità di gestire qualsiasi genere di musica con facilità ed autorità” (parole di Derek Rocco di WatfordValves, famoso tube-shop britannico), ossia classe e musicalità, ma ci sono dei significativi distinguo.
Le ECC83S cecoslovacche, per lo meno le ultime prodotte (come quelle in mio possesso), hanno un po’ più di guadagno ed una risposta un po’ meno neutrale sulle alte frequenze rispetto alla Tele. Ciò le rende più spinte e forse più adatte ad accoppiamenti grintosi con testate britanniche ed affini, oltre che una logica primissima scelta per qualsiasi clean-amp.
La Tesla rimane comunque, assieme alla Raytheon, la valvola più vicina, come carattere, alla regina teutonica, ma sa anche essere qualcosa di diverso...
Come già accennato - e non mi stancherò mai di ripetere - non c’è modo di essere oggettivi quando c’è di mezzo l’ineffabile “tone”. A ciò si somma il fatto che le valutazioni relative ad una valvola di pre-amplificazione sono inevitabilmente affette da una pluralità di fattori: architettura dell’amplificatore, valvole di potenza, strumenti e casse utilizzati, gusti personali e quant’altro.
Cercherò comunque di formulare qualche personalissimo verdetto.
La palma di miglior NOS made in USA va con sufficiente chiarezza alla RCA, grazie rispettivamente alla sua superiore musicalità rispetto alle “sorellastre” GE (tra le quali prediligo la versione low-gain 5751) e la sua maggior grinta rispetto alla Raytheon. Tuttavia quest’ultima, grazie al suo carattere europeo, rivaleggia tranquillamente con la RCA in quanto a musicalità e, qualora si sia disposti a rinunciare ad un po’ di guadagno e non si cerchi a tutti i costi il tipico sound americano, si può affermare che la Raytheon pareggi i conti con la più blasonata NOS americana.
Per quanto riguarda invece le valvole europee il discorso è decisamente più complesso e ciò è un riconoscimento implicito alla superba qualità costruttiva raggiunta nel Vecchio Continente negli anni d’oro del rock A fare la differenza sono pertanto le sfumature e le inclinazioni personali.
Volendo semplificare - o cavarsela senza rischiare troppo - si porebbe dire: Mullard ed RFT per plexi-maniaci e rockettari di varia estrazione, Telefunken e Tesla per i fan di Leo&co, Tungsram come migliore all-around (e qua già sento qualche mormorio...).
Per non essere troppo scontato, aggiungerei che RFT e Tesla, per i motivi sopra esposti, non sono un lussuoso ripiego a Mullard e Telefunken, possedendo caratteristiche peculiari degne di nota; vado oltre: in funzione del peso dato al rapporto qualità/prezzo, in una valutazione razionale ponderata, possono anche raggiungere le più blasonate 12AX7 del pianeta.
Infine, qualora non si fosse già capito, ho una certa predilezione per le valvole bilanciate, pur sempre grintose, ma con una buona riserva di headroom. In tal senso, la mia preferenza va in generale alle valvole europee. E allora, in conclusione, sapete che vi dico? W l’Europa e W l’Ungheria! Siate magnanimi...